Ricordiamo con immensa gratitudine EUGENIO PONTIERI, che il Covid ha strappato prematuramente alla nostra amicizia, e la sua generosa e sempre disponibile opera nell’ Associazione Solidarietà Internazionale, che ci ha permesso di far giungere in Angola tanti aiuti materiali provvedendo alla spedizione di container e predisponendo con cura tutte le documentazioni necessarie. Abbiamo chiesto a un suo stretto collaboratore e amico un contributo per conoscerlo meglio nella sua fede e umanità.
Eugenio è stato più di un amico. È stato un esempio e un modello di vita.
L’ho conosciuto nei primi anni ’90, quando ero uno dei volontari che caricavano i container con aiuti umanitari da mandare in Angola e ovunque ce ne fosse bisogno. Eugenio inviava vestiti, generi alimentari, banchi scolastici, medicine, attrezzature sanitarie e tantissime altre cose. Io mi limitavo a caricare cose, oggetti, e non capivo appieno la portata della sua opera e della sua persona.
Con gli anni abbiamo iniziato a collaborare in maniera più continua, sino a passare anche mesi in viaggio per il mondo: Africa, America Latina, nelle diocesi povere tra i più poveri. Una volta stavamo visitando un orfanotrofio in Angola che da poco aveva ricevuto un container inviato da Eugenio contenente molti aiuti umanitari, tra cui anche giocattoli usati.
Eugenio ha voluto personalmente distribuire i giocattoli inviati. Non scorderò mai l’immagine del primo bambino che, entrato in uno stanzone, ne è uscito abbracciando un orsetto di peluche, logoro e trasandato più di lui: ma per un bambino orfano e seminudo era la cosa più bella mai vista, i suoi occhi sprizzavano felicità, i suoi piedini scalzi battevano freneticamente nel terreno perché non riusciva a trattenere la gioia. E capisco che per Eugenio caricare un container, rinunciare alle sue cose, al suo denaro o al suo tempo per donarlo a chi ne aveva bisogno non era solo un gesto, ma un atto di amore. “Non importa quanto doniamo, ma quanto amore mettiamo in quello che doniamo.” È una frase di Santa Teresa di Calcutta che a Eugenio piaceva molto. E la sua vita era improntata all’amore verso i poveri, verso gli ultimi: la sua casa era aperta a tutti. A casa sua era normalissimo essere seduti alla stessa tavola tra un vescovo e uno zingaro, tra un ambasciatore e un disoccupato, tutti magnificamente figli dello stesso Padre. Andavamo nei paesi in guerra, imbarcati nelle stive degli aeri, rannicchiati tra missili che portavano la morte e sacchi di riso che portavano la vita. Una follia, ma una follia d’amore. L’amore più vero e forte che Eugenio nutriva per la Chiesa e per i poveri, sorretto da una fede salda e presente, compagna di viaggio e di vita.
Come ricorda Padre Martin Lasarte, per tanti anni missionario in Angola, che ha provato sulla sua pelle l’importanza delle opere di Eugenio: «Abbiamo resistito alla fame con gli alimenti che grazie a Eugenio arrivavano. Con lui ho percorso diverse diocesi che ricevevano i suoi aiuti e servizi. Era un uomo sincero, autentico, schietto, senza peli sulla lingua. Lui amava la Chiesa, così come è, con la miseria dei suoi membri. Amava i poveri, non a parole, ma nella vita quotidiana. Quanti poveri giovani emigranti ha accolto nella sua umile casa, quante persone lui, con i suoi pochi mezzi e grande creatività e iniziativa, senza domandare la nazionalità, religione, ideologia ha aiutato… Mi colpiva la sua vita austera e semplice; quando lo visitai a casa sua, non aveva neppure la televisione, ma passavano per le sue mani migliaia di euro, per la Chiesa d’Angola». Eugenio ci ha lasciato. Ci ha lasciato un insegnamento: l’amore vero, concreto, fatto di opere e comportamenti quotidiani. Eugenio ci ha lasciato tanto amore, donato con gioia e sacrificio.
Fabrizio