Ai nuovi lettori del Seme vorremmo spiegare – e forse a quelli antichi ricordare – di che cosa si tratti, che cosa sia questo “Seme”, di che specie di pianta e come si coltivi.
Il Seme è il nome di fantasia che designa una serie di iniziative nate da un Monastero. Un monastero di contemplative, Nostra Signora di Valserena, Cistercensi della Stretta Osservanza altrimenti dette Trappiste, che fanno parte delle «famose» suore di clausura. Siamo su una bella collina Toscana, in vista del mare di Cecina, per intenderci davanti all’Elba e alla Corsica. E che c’entrano le suore di clausura con le associazioni che si occupano di opere missionarie? Tutto e nulla. Da un Monastero, quando il numero delle sorelle cresce, può «sciamarne» un altro, ovvero nascerne la fondazione di un nuovo Monastero. E se questo nuovo Monastero nasce in un luogo lontano, pericoloso, da molti anni in guerra o che sta per entrarvi, come l’Angola e la Siria, le cose si complicano. Attorno al nuovo gruppo di Sorelle si assiepano subito poveri, rifugiati, affamati e ammalati. Condividere con loro il nostro cibo, possiamo farlo; ma i bisogni ci superano completamente. Nasce così un gruppo di amici, che diventa col tempo una Associazione, e che ci spedisce dall’Italia ogni sorta di aiuti, compresi dei volontari. Siamo in Angola dal 1980. Siamo in Siria dal 2005. In entrambi i Paesi abbiamo affrontato la guerra e le conseguenze della guerra sulla popolazione. Abbiamo avuto la gioia e la consolazione, soprattutto in più di 40 anni di Angola, di aiutare tanti poveri e di essere una presenza di preghiera stabile al cuore della sofferenza di un popolo. La nostra storia è stata fortemente intrecciata alla storia di questo popolo, con i suoi drammi, le sue ricchezze, gli enormi pesi che si porta e di cui non riesce a liberarsi, il più evidente quello delle potenze straniere che giocano le loro guerre e fanno i loro affari sul corpo di questa terra e sulla pelle del suo popolo – che a sua volta purtroppo si ritrova a volte connivente con questo male e diviso in sé. Se noi contemplative, cioè Sorelle dedicate soprattutto alla preghiera, abbiamo tanto bisogno di tutte le altre membra del corpo della chiesa: i laici con il loro carisma di famiglia e di lavoro, gli indispensabili sacerdoti missionari e, Dio volesse, fratelli e sorelle religiosi dediti alle opere di carità, abbiamo scoperto e scopriamo sempre più che anche tutti questi hanno bisogno di noi. Come già vi accennavamo nell’altro numero, abbiamo proprio costatato che la presenza di una comunità di vita e di preghiera che si radica nel luogo rende molto più stabili, coerenti, durature anche le opere che nascono attorno ad essa. I volontari e tutti gli altri, vanno e vengono, la comunità monastica rimane e attorno a questo centro l’opera di tanti vive e fiorisce.
E appunto qui siamo: i bisogni in questi anni di guerra e dopoguerra, e ora di guerre d’altro genere, fatte con penetrazioni straniere sottili e insidiose, sono stati tanti, troppi. Gli aiuti ci sono stati, generosi, ma mai sufficienti. Anche le forze della comunità monastica non sono mai sufficienti. Lasciamo la parola al racconto di madre Manuela Salvadori.